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La storia della “Lince”: il “giustiziere” che guidava una Ferrari

Imparò con i piloti di formula 1. Con la Ferrari Pantera compì un fatto che oggi appare incredibile e che è diventato leggenda

Armando Spatafora

“Doppia vela chiama Siena Monza 44”. Era la sigla con cui veniva allertata la Ferrari guidata da Armando Spatafora. Una macchina potente che imparò a guidare durante un corso di specializzazione a Maranello.

Il mito del Maresciallo Spatafora

Ferrari utilizzata dal Maresciallo Spatafora (Pinterest)

Armando Spatafora nacque a Siracusa il 9 Marzo 1927 e, dopo aver prestato servizio presso l’Aeronautica Militare, negli anni ‘50 divenne uno dei migliori agenti della Questura di Roma, soprannominato “La lince” dalla criminalità organizzata.

Imparò con i piloti di formula 1. cCn la quale compì un fatto che oggi appare incredibile e che è diventato leggenda: la discesa alle sei del mattino lungo la scalinata di trinità dei monti, per inseguire un bandito che aveva appena compiuto una rapina. 

E fu proprio il maresciallo Spatafora a chiedere alla Questura l’utilizzo di una Ferrari. L’Alfa Romeo, utilizzata in quel periodo, non sembrava adatta al ruolo. Quegli anni, a Roma, infatti, erano anni molto “caldi” sotto il profilo criminale.

Negli scorsi anni la figlia Carmen ha anche pubblicato per Rubbettino il libro “Il poliziotto con la Ferrari. Storia e mito di Armando Spatafora”.

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La Pantera del 1962

Circa un anno fa, la Ferrari 250 Gte Polizia, famosa Pantera del 1962, fu anche messa in vendita. Un’auto leggendaria, non solo per le imprese del maresciallo Spatafora, che dava la caccia ai criminali romani negli anni ’70. Ma anche per le caratteristiche.

La Ferrari 250 Gte 2+2 Series II, numero di telaio 3999, è rimasta in uso al reparto celere della Polizia italiana per poco più di cinque anni, ritirata dal servizio attivo alla fine del 1968.

Dopo la richiesta del maresciallo Spatafora, la Ferrari produsse la 250 Gte carrozzata da Pininfarina. Un bolide con cui Spatafora riusciva a tenere testa al crimine romano. Del resto, con quel motore 3.0 litri V12 della Gte che superava i 250 chilometri si potevano fare cose quasi impensabili per gli anni.

Sulle porte la scritta Squadra Mobile, sul passaruota anteriore il neonato simbolo della Pantera, e negli interni sedili in similpelle marrone.

Claudio Rossi

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