In uno stabilimento Hyundai-LG è avvenuta una azione della polizia americana che ha fatto tremare i lavoratori impiegati nei loro turni in modo irregolare.
Un tempo, quando il dollarone girava, tutti volevano migrare negli Stati Uniti. Il sogno di una vita migliore in un contesto in espansione affascinava sudamericani, europei e persino asiatici. Gli Stati Uniti era il place to be per tutti coloro che volevano costruirsi una propria dimensione di vita. Forse si è trattata di una illusione per i più, ma c’è chi in America è riuscito a costruirsi una propria identità dove altrove avrebbe fatto fatica a trovare opportunità, soprattutto in realtà come Cina, Corea del Sud e tante altre nazioni dove c’era un regime.
Con la rielezione di Donald Trump c’è stata una attenzione al flusso migratorio senza precedenti. Il numero di migranti detenuti negli Stati Uniti è cresciuto del 50% da quando il tycoon ha ritrovato posto alla Casa Bianca. Ben 60.000 rispetto ai 39.000 che erano detenuti alla fine dell’amministrazione Biden. La questione si è estesa anche ai major dell’automotive che, per contenere i costi, hanno ingaggiato lavoratori non regolari.
Le politiche protezionistiche di Trump per funzionare hanno bisogno di un controllo a tappetto. Le autorità hanno fatto irruzione in una factory dei major sudcoreani Hyundai Motor e LG Energy Solution in Georgia, arrestando 450 lavoratori, tra cui oltre 300 sudcoreani. L’operazione, come hanno annunciato i giornali locali, rientra in un progetto dei vertici della Casa Bianca per incastrare gli immigrati non in regola. Soggetti deboli che certamente non era intenti a compiere attività legate al contrabbando o sostanze stupefacenti, ma che nell’ottica di Trump stanno togliendo lavoro e ricchezza agli americani.
La Corea del Sud ha espresso “preoccupazione e rammarico” per l’irruzione. Il ministero degli Esteri, riportato dall’agenzia Yonhap, ha annunciato che “i diritti delle persone non devono essere ingiustamente violati”. Lo stabilimento produce batterie per EV e sono impiegati degli operai che ora dovranno rispondere alle accuse di soggiorno illegale.
“Le attività economiche delle nostre aziende che investono negli Stati Uniti e i diritti e gli interessi dei nostri cittadini devono essere salvaguardati”, ha dichiarato il portavoce del ministero Lee Jae-woong, in un incontro con i giornalisti. La Corea del Sud ritiene il blitz un colpo basso e, attraverso il consolato di Washington e di Atlanta, ha previsto la creazione una task force per gestire le delicate questioni che potrebbero verificarsi anche in altri stabilimenti. I competitor sono avvisati e potrebbero prendere le contromisure per non essere colti in difetto come i colossi sudamericani sopracitati.
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